L'Ossigeno-Ozono e l'ernia discale - dott. Maurizio Vrola - Osteopatia con il dr Vrola a Torino e Orbassano

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L'Ossigeno-Ozono e l'ernia discale - dott. Maurizio Vrola

trattamenti
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Ernia del disco
L'importante ruolo dell'Ossigeno Ozono Terapia nel trattamento dell'ernia del disco  


Una delle cause più frequenti di mal di schiena è certamente rappresentata dall’ernia discale. L’ernia del disco lombare sintomatica è una patologia degenerativa del disco intervertebrale che si manifesta con un quadro clinico caratterizzato da mal di schiena, radicolopatia compressiva sciatica o crurale e limitazione o impotenza funzionale.

Gli studi di storia naturale indicano che le ernie del disco intervertebrale si riassorbono spesso del tutto o in parte e che la sintomatologia ad esse associata regredisce di frequente con trattamenti conservativi come le sedute effettuate con l'ossigeno-ozono terapia.
Ernie del disco lombare vengono riscontrate con la diagnostica per immagini con frequenza elevata anche in persone del tutto asintomatiche. L’ernia discale è dunque un fenomeno dinamico, nonché una condizione relativamente comune e a prognosi favorevole nella maggior parte dei casi.
spina dorsale e vertebre

Che cos'é l'ernia discale?
Per comprendere cosa sia un’ernia discale si deve prima conoscere la struttura anatomica della colonna vertebrale.
La colonna vertebrale è costituita da 32-33 vertebre (7 cervicali, 12 toraciche e 5 lombari, 5 sacrali e 3-4 coccigee).
Ogni vertebra è numerata con un numero crescente dall’alto verso il basso, C1-C2-C3…C7-T1-T2-T3…T12-L1-L2-L3-L4-L5-S1… l’ultima vertebra lombare, denominata L5, è posta sopra la prima vertebra dell’osso sacro, denominata S1.
Tra una vertebra e l’altra sono interposti dei cuscinetti morbidi denominati dischi intervertebrali, che sono nominati attraverso il numero e la sede della vertebra soprastante e sottostante.
Ad esempio il disco C4-C5 è il disco compreso tra la quarta e la quinta vertebra cervicale, mentre il disco compreso tra la quarta e la quinta vertebra lombare si chiamerà disco L4-L5.
Nella maggior parte dei casi, l’ernia del disco si verifica nella regione lombare (il 95% in L4-L5 e L5-S1), seguita dalla regione cervicale (il più delle volte C5-C6, C6-C7) e quindi dalla toracica per solo 0,15%/4,0% dei casi.
I dischi toracici sono infatti molto stabili e le ernie in questa regione sono piuttosto rare.


dischi toracici
I dischi intervertebrali hanno uno spessore che va dai 6-7 mm ai 10-12 mm ed un diametro uguale a quello delle vertebre adiacenti e fungono da ammortizzatori tra una vertebra e l’altra.
Quando ci pieghiamo il disco si modifica in modo da favorire il movimento della colonna vertebrale. Quando saltiamo il disco permette di attenuare l’urto sulle vertebre.
Questa deformabilità del disco è legata alla sua struttura: una parte centrale morbida e ricca di acqua, chiamata nucleo polposo, ed una parte periferica costituita da materiale più resistente e fibroso, denominata anulus fibroso.


Dischi invertebrali
Per ragioni non del tutto chiare (sovraccarico? predisposizione individuale? difetti di postura? fumo?…) la parte esterna fibrosa può perdere la sua capacità di contenere come una cintura il nucleo polposo.
Questo determina la fuoriuscita del nucleo con la formazione dell’ernia discale.
Molte volte l’anello fibroso pur lacerato, non si rompe ed il disco rimane integro sebbene deformato: si parla allora di protrusione discale o bulging. Quando invece l’anello fibroso si rompe, si parla di ernia discale.
In questo caso il contenuto gelatinoso del disco fuoriesce per portarsi nel canale spinale, talvolta premendo direttamente contro le radici nervose.
Volendo essere molto precisi si dovrebbe evitare di parlare di ernia discale in molti casi. La più corretta denominazione comune a tutte le deformazioni del disco dovrebbe essere protrusione discale. A sua volta la protrusione è distinta in protrusione armonica o circonferenziale (in inglese bulging) quando il disco è allargato in tutta la sua circonferenza (come una gomma sgonfia); e protrusione focale quando il disco presenta una deformazione in un solo punto. Quest’ultima condizione è quella chiamata comunemente ernia discale.
Nel linguaggio comune ed anche in quello medico si parla di protrusione quando la deformazione in un punto è molto piccola, piccola ernia quando la deformazione è un po’ più grande, ernia quando la deformazione è ancora più grande, voluminosa ernia quando anche il medico si stupisce delle dimensioni dell’ernia! In realtà il termine ernia dovrebbe definire esclusivamente quelle condizioni in cui il nucleo polposo fuoriesce dal disco lacerandone le fibre (la terza figura sopra).
Questo spiega la confusione che talvolta si genera sui termini: …"pensavo fosse un’ernia invece è una protrusione"… …"fortunato te, a me avevano diagnosticato una protrusione ma il professore mi ha detto che invece è un’ernia!"… In realtà i nostri due pazienti hanno entrambi una protrusione chiamata anche ernia, o meglio e più chiaramente, hanno una deformazione del disco intervertebrale.
Ogni deformazione del disco può determinare infiammazione e dolore, che sia piccola, piccolissima o molto voluminosa.
Spesso più che le dimensioni della deformazione del disco incide la sede, è il classico esempio della sede intraforaminale.
Poichè il nervo esce dal canale vertebrale, una sorta di tubo protettivo posto attorno al midollo spinale e alle radici nervose per svolgere un’azione di protezione, attraverso un buco relativamente piccolo con pareti ossee, la presenza di una pur piccola compressione in questa sede determina facilmente un dolore importante.
La stessa deformazione (protrusione o ernia che dir si voglia) in un altro punto avrebbe anche potuto passare inosservata senza dare alcun sintomo. Per semplificare utilizzeremo da ora il termine ernia, inteso in senso comune.


Ernia discale
Perché ho dolore?
Le lacerazioni del disco determinano il rilascio di mediatori chimici dell’infiammazione che possono causare un dolore severo anche in assenza di una compressione diretta delle radici nervose: si tratta di radicolite chimica, cioè di un processo infiammatorio che coinvolge le radici nervose dei nervi nel punto in cui questi fuoriescono dalla colonna vertebrale.
Il nervo è infiammato alla sua origine ma il dolore si può sentire in ogni punto in cui il nervo arriva. La regione sofferente – il piede, il braccio o la gamba – può essere perfettamente sana ma il nervo comunica al cervello informazioni scorrette perchè il cavo di trasmissione rappresentato dal nervo stesso trasmette in modo anomalo i dati.


Il dolore è al piede ma la causa del dolore è alla schiena. Alcuni pazienti presentano un dolore associato alla schiena o al collo, altri invece manifestano sofferenza solo alla periferia della gamba o del braccio. Questo appartiene alle caratteristiche di ogni singola compressione e, soprattutto, al numero e alla qualità delle fibre nervose coinvolte dall’infiammazione.
L’infiammazione è la causa del dolore da ernia discale: il nervo fa male quando è infiammato non quando è compresso. Un nervo compresso ma non infiammato da una percezione di corrente elettrica lungo il suo decorso, proprio come quando si urta il gomito su qualche spigolo. Certo, un nervo può essere sia infiammato che compresso e in questo caso il dolore è ancora più intenso.
Questo spiega l’uso di farmaci antinfiammatori per trattare il dolore causato da ernie discali e protrusioni, ma spiega ancora meglio perchè sia possibile avere un’ernia discale e non sperimentare dolore. Molte persone infatti hanno ernie o protrusioni discali della colonna senza avere mai percepito dolore.
Con queste basi si può ora comprendere per quale motivo si abbia oggi un approccio molto più conservativo, cioè non chirurgico, alle ernie discali.

Frequenza
Le ernie discali si manifestano più spesso tra i 30 ed i 50 anni, quando il nucleo centrale è ancora ben idratato e gelatinoso. Con l’età il nucleo polposo cambia, si disidrata progressivamente ed il rischio di formazione di ernie si riduce. La prevalenza nel corso della vita di ernia del disco lombare è stata stimata pari all’1-3% nei paesi occidentali. Nel 1999 l’indagine ISTAT sullo stato di salute in Italia segnala che l’8,2% della popolazione ha riferito di essere affetto da «lombosciatalgia» (7,3% maschi e 9,3% femmine).


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